Nella vita ci muoviamo perché qualcosa ci attrae, ma se il futuro non ci attrae più, muoverci risulta sempre più difficile.
E il futuro non ci attrae più perché non ci fa nessuna promessa, ma anzi, sembra essere diventato una minaccia: in pochi anni si sono susseguite prima la crisi climatica, poi quella sanitaria, quella geopolitica, e ancora quella energetica che provoca quella economica. Questa condizione endemica di emergenza poteva portare solo ad una constatazione: se oggi c’è un problema, domani ce ne sarà un altro, e poi un altro ancora.
I giovani sono consapevoli di questa situazione, difatti il 78% dei giovani (ISTAT) pensa che il futuro non sarà migliore di adesso. Solo che mentre in noi qualcosa si è bloccato, perché costantemente sollecitato da questa condizione di “permacrisi“, il mondo procede ed esige che noi ci muoviamo al suo stesso ritmo, e la diretta conseguenza è espressa da un dato che parla chiarissimo: 47% dei giovani (ISTAT) soffre di ansia o depressione.

È fondamentale dunque in un periodo come questo identificare una stella polare che ci aiuti ad orientarci, ma non è semplice come si potrebbe pensare.
“Il futuro glielo abbiamo tolto noi, facendo a meno di loro”, osserva Umberto Galimberti, in cui “loro” rappresenta presumibilmente i Millenials e la Gen Z, e “noi” le generazioni precedenti ad esse.
La distinzione netta tra un “noi” e un “loro” è una precisa espressione di un altro problema di base: in politica, sette giovani su dieci non si sentono rappresentati. Nell’epoca di dubbio e incertezza in cui viviamo la politica tende a voltarsi dall’altra parte, per cui i giovani, anche in essa, difficilmente riescono a riconoscerla come un punto di riferimento.