La nuova migrazione ucraina sconvolge il mondo

La nuova migrazione ucraina sconvolge il mondo

In Italia il concetto di migrazione è noto a tutti. Lo viviamo ogni giorno, lo sentiamo ai Tg mentre mangiamo, ne discutiamo come si discute del tempo: è un argomento di circostanza.
Eppure, alle porte di una nuova migrazione, della diaspora ucraina, appariamo sconvolti come se avessimo vissuto nell’ignoranza fino a oggi e qualcuno ce lo avesse finalmente spiegato.

Quindi cosa ha di diverso questa migrazione? Quali elementi ci aiutano a comprenderla?

RIFUGIATI O PROFUGHI?

Occorre partire da una differenza linguistica, o sociolinguistica, ovvero quella tra il termine “rifugiato” e “profugo”.
Per rifugiato, si intende una persona che lascia il proprio paese e la cui condizione è definita dalla Convenzione di Ginevra del 1951, ratificata da 145 Stati membri delle Nazioni Unite. La Convenzione statuisce che il rifugiato “nel giustificato timore d’essere perseguitato (…) si trova di fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, nun vuole domandare la protezione di detto Stato“.

Per profugo, invece, si intende: “colui che per diverse ragioni (…) ha lasciato il proprio paese ma non è nelle condizioni di chiedere la protezione internazionale“. La differenza sostanziale è quindi che lo status di rifugiato è l’unico riconosciuto e definito nel diritto internazionale.

RIFUGIATI DI SERIE “A” E DI SERIE “B”

Nei primi giorni di fuga, quando le file per passare il confine con la Polonia si facevano sempre più lunghe, era emerso un dilemma. Oltre ai cittadini ucraini infatti, altre persone, con un colore diverso della pelle e di passaporto aspettavano al varco. Si trattava di Senegalesi, Sudafricani, Nigeriani o più in generale di altri esseri umani che scappavano da altri conflitti. Con tutti i requisiti richiesti dalla Convenzione di Ginevra. Però loro non potevano passare.

Si era insomma creata una situazione alla stregua di un “rifugiati di serie a e di serie b”. Una ragazza nera, apparsa in un video del Guardian, lo spiega bene con una frase: “sembra ci sia una gerarchia: prima gli ucraini, poi gli indiani e gli africani per ultimi“.

A nulla sono serviti gli interventi del Presidente del Consiglio europeo Michel, che ha subito ribadito la posizione e i valori dell’UE – zero discriminazione. A nulla sono servite le denunce del Presidente nigeriano Muhammadu Buhari, che riferisce di studenti nigeriani bloccati al confine e disperati, costretti a un nuovo passaggio attraverso l’Ucraina per tentare la fuga in Ungheria. La smentita del premier Polacco Mateusz Morawicki sembrava esser cieca alla realtà: “la Polonia aiuta tutte le persone che fuggono dalla guerra, tutti i profughi di guerra, indipendentemente dal loro paese di provenienza”.

Differente invece è stato l’approccio del primo ministro bulgaro Kiril Petkov: “Questi non sono i profughi che eravamo soliti vedere. Queste persone sono europee, perciò noi, insieme a tutti gli altri paesi dell’Ue, siamo pronti ad accoglierli. Queste sono… persone intelligenti, istruite… perciò nessuno dei paesi europei teme l’ondata di immigrati che sta per arrivare”.

Ad essere istruiti però sono anche gli studenti neri bloccati in Ucraina, che scappano fianco a fianco con i cittadini ucraini.

L’ASILO FACILITATO

La sostanziale differenza di livello tra rifugiati emerge anche dalla decisione di Bruxelles di concedere la protezione temporanea agli ucraini in fuga, protezione delineata dalla direttiva 55/2001. Questa era stata pensata per far fronte alle migrazioni legate alla guerra nell’ex Jugoslavia, ma non era mai stata usata prima. Il funzionamento è molto semplice: permette ai profughi di muoversi e lavorare all’interno dell’Europa per un massimo di tre anni senza dover fare richiesta d’asilo.

Il nodo che questa decisione non scioglie in realtà è quello che ha attanagliato l’UE negli ultimi anni; la distribuzione dei migranti tra i vari paesi europei infatti rimane su base volontaria, rischiando sul lungo termine di far affiorare vecchi rancori. La ratio della direttiva tuttavia è rispettata, in quanto non ha nulla a che fare con la ripartizione del numero dei migranti. Ci si aspetta infatti che il sovraccarico dei sistemi di asilo europei, che ha impedito a tanti altri migranti in condizioni simili (a partire dai siriani) di lavorare, venga superato.

A giudicare dal numero di cittadini ucraini approdato nei confini UE, possiamo affermare che la decisione di Bruxelles è stata vincente.

L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA

Ad essere peggiorate notevolmente e nell’arco di pochissimi giorni, sono anche le vite dei cittadini russi. Un dato interessante, infatti, è anche quello dei migranti russi che, spaventati dalle forti sanzioni e dal rischio di default, hanno deciso di abbandonare la madre patria.

Come spesso accade quando si tratta di Russia, non abbiamo dati precisi sul numero di emigrazioni. Tuttavia il New York Times ha stimato che si tratti di decine di migliaia di persone. Si tratta del rovescio della medaglia: a scappare sono gli oppositori o cittadini semplici che hanno mostrato il loro dissenso, i ricchi e i poveri.

Il loro problema, opposto rispetto alla controparte ucraina, è trovare qualcuno che li accolga. I dati mostrano una situazione piuttosto variegata. I russi si spostano principalmente verso i paesi limitrofi, come Georgia, Kazakistan, Armenia, Uzbekistan, Kirghizistan. I più ricchi tentano la via per gli Emirati Arabi Uniti. Ad essere particolarmente quotata è anche la serbia, storica alleata del popolo russo. Pur essendosi detta contraria all’invasione dell’Ucraina, per ora stenta ad aderire alle dure sanzioni imposte da altri paesi.

I paesi europei, contrariamente a quanto si penserebbe, non vengono completamente evitati. La Finlandia, ad esempio, è il paese europeo con cui la Russia condivide il confine più lungo. La prospettiva di fuggire lì, appare quindi particolarmente allettante. Con la chiusura dello spazio aereo da parte degli Stati Uniti, UE e altri paesi, vengono puntati i paesi che possono esser raggiunti in macchina o treno.

Su Google, da quando sono state annunciate le prime sanzioni, si sono registrati picchi di ricerche, tutte simili a questa: “Dove si emigra dalla Russia?”. La paura più grande, oltre alla povertà, era quella che Putin potesse imporre la legge marziale, rendendo impossibile abbandonare il paese e obbligatoria la leva maschile.

I PROBLEMI DELLA MIGRAZIONE, in ucraina

Come qualsiasi migrazione, ci sono dei problemi. L’organizzazione che c’è dietro questa nuova diaspora ucraina è certamente eccezionale (nel senso che è l’eccezione), ma le dinamiche sia interne che esterne sono sempre molto delicate e complesse.

A partire da quelle interne. Questa migrazione ha raccolto numeri fuori dal comune. Secondo le Nazioni Unite non si aveva esperienza di numeri così alti dalla seconda guerra mondiale: qualche giorno fa si parlava di 3 milioni di persone.
Il motivo, a tre settimane dall’inizio della guerra, è piuttosto evidente. La Russia sta usando una strategia deliberatamente mirata ad attaccare i civili in modo massiccio e indiscriminato. Più di 953 civili sono stati uccisi, inclusi almeno 78 bambini. Secondo la Commissione per i diritti umani dell’ONU, il numero reale potrebbe essere di gran lunga maggiore.

Senza contare l’attacco alle strutture abitative. Almeno 1500 edifici abitati da civili, strutture e veicoli in Ucraina sono stati danneggiati o distrutti e il numero aumenta di giorno in giorno.  Un altro problema è quello dell’attacco ai corridoi umanitari. A partire da quello di Mariupol, che è stato particolarmente preso di mira. C’era stato infatti un accordo, dopo i terzo incontro tra le due parti in guerra, di dichiarare un cessate il fuoco per almeno dodici ore. L’accordo non solo non è stato rispettato, ma presto si sono abbattute bombe sul territorio, impedendo a chiunque di abbandonarlo.

Ma non è stato un caso isolato: con la Croce Rossa come mediatrice, più di un accordo è stato violato. Ci sono stati svariati casi di varchi che avrebbero dovuto essere aperti per lasciar uscire decine di migliaia di persone. Invece queste – e nuovamente il triste emblema è la città di Mariupol – sono rimaste incastrate, senza acqua, né scorte di cibo. Senza elettricità né gas.

In un territorio che è la loro casa eppure, in qualche modo, non lo è più.

 

Pubblicato da Mirea Migali

Studentessa di Scienze Politiche, interessata a politica internazionale e attivismo, sin da piccola amo perdermi nei classici della letteratura ed esprimermi attraverso la scrittura.