Un altro giro, la follia come superamento delle gabbie moralistiche

Un altro giro, la follia come superamento delle gabbie moralistiche

Frammenti di autore

“Cos’è la giovinezza?
Un sogno.
Cos’è l’amore?
Il contenuto del sogno.”
S
øren Kierkegaard, filosofo (1813-1855)

Un’ode a Kierkegaard

Si apre su queste note, l’ultimo lungometraggio di Thomas Vinterberg: un elogio alla vita e al dispiegamento della sua potenza, sognando, a sottrazione delle numerose gabbie sociali nelle quali ci ritroviamo rinchiusi ad annaspare.
Cosa c’è di più deprimente di una crisi di mezz’età? Dell’incapacità di rivedersi nel proprio lavoro e nella propria famiglia? Peter, Nikolaj, Tommy e Martin formano una comitiva insoddisfatta di professori che cerca un modo per liberarsi dagli specchi diafani della vita di tutti i giorni. Devono ridiventare giovani.

Un altro giro per sottrarsi alle maschere

Nikolaj, insegnante di psicologia, trova la soluzione nella strampalata teoria di Finn Skårderud, secondo cui l’uomo nasce con un deficit del tasso alcolemico di 0,05%. A questa carenza, il professore risponde con un’assunzione quotidiana per integrarne costantemente nel sangue, al fine di valutarne “gli effetti psicologici, verbo-motori e psico-retorici e il successo in campo sociale e professionale”.
Berranno solo nell’orario di lavoro, come Ernest Hemingway, il famoso scrittore statunitense autore di “Il vecchio e il mare”; oppure come Winston Churchill, “sovrappeso, fortemente depresso e regolarmente impossibile da sopportare”. Per non parlare dei suoi “sigari, cognac, porto, whiskey e sonniferi”. Tutto a riprova del fatto che la realtà non è mai come ci sembra, anche se molto spesso si riduce a un semplice gioco di ruolo; e nelle sequenze di “Another Round” primeggia lo slancio vitale attraverso cui i protagonisti provano a divincolarsi.

Winston Churchill (1874-1975)

Un altro giro per infrangere le catene

I primi fotogrammi ritraggono la corsa al lago, una gara in cui il fiato e il fegato sono fondamentali. Rapidità e resistenza si uniscono in un connubio tanto grottesco, quanto lieto, e l’innocenza giovanile dimostra di essere sempre un passo avanti. I suoi partecipanti, gli adolescenti, sono incontenibili e guai a chi vi si oppone: il maldestro tentativo da parte di un poliziotto di voler sedare il giubilo della folla finisce, come il suo fautore, ammanettato al corrimano della metropolitana.
Scena successiva: la preside di turno si lamenta del comportamento inappropriato dei propri studenti, di uno in particolare, “dai capelli rossi e col martello di Thor tatuato sul collo”, reo di aver incatenato l’agente.

Un incipit dai forti contenuti simbolici, in cui uno dei terreni d’indagine di tutta la filosofia morale odierna, la repressione del singolo, è protagonista. A tal riguardo, fortunatissimo è stato il concetto di “dispositivo”, potere occulto che agisce e si riproduce in vari modi lungo i meandri della vita. Di seguito, le parole di Foucault:

“Ciò che io cerco di individuare con questo nome è, in primo luogo, un insieme assolutamente eterogeneo che implica discorsi, istituzioni, strutture architettoniche, decisioni regolative, leggi, misure amministrative, enunciati scientifici, proposizioni filosofiche, morali e filantropiche”

Tuttavia, dobbiamo aspettare Giorgio Agamben per scoprirne il portato individualizzante:

“Chiamerò dispositivo letteralmente qualunque cosa abbia in qualche modo la capacità di catturare, orientare, determinare, intercettare, modellare, controllare e assicurare i gesti, le condotte, le opinioni e i discorsi degli esseri viventi. […] Chiamerò soggetto ciò che risulta dalla relazione e, per così dire, dal corpo a corpo fra i viventi e i dispositivi.”

Dunque, il dispositivo avvia il processo di soggettivazione (la simbiosi tra individuo e soggetto) e costituisce una forma assoluta di controllo sociale esercitata sul singolo, molto spesso ingiustificata ed ereditata dal passato. Sotto questo aspetto, “Un altro giro” è certamente un film pregnante: tutti i suoi personaggi sono impegnati nel corpo a corpo con il buon costume e l’ipocrisia. D’altra parte, nonostante le strutture sociali siano fondamentali all’affermazione di ogni individuo, esse non devono trasformarsi in pastoie.

Un altro giro per accettare il fallimento e riniziare a vivere

Dopo essersi liberati delle gabbie moralistiche, o più semplicemente averne preso atto, vivere autenticamente è possibile, nel segno delle proprie decisioni e della propria libertà. In un periodo particolare come il nostro la coercizione è all’ordine del giorno, sia a causa di necessità contingenti, sia per puri meccanismi di potere. Per questo “Another Round” è un antidoto al presente: un conseguente sprone ad accettarne l’indeterminatezza, l’insicurezza delle catene infrante; unica condizione kierkegaardiana per poter affrontare il fallimento e l’accettazione, e per poter amare gli altri e la vita. Martin e i professori devono accettare i propri sbagli e assumere consapevolezza delle infinite possibilità del proprio futuro.
Insomma, devono ridiventare giovani,
affinché le acque possano calmarsi.

Pubblicato da Andrea De Angelis

Studente universitario appassionato di Cinema, scrivo recensioni sulle pellicole che più mi hanno impressionato, con lo sguardo proiettato verso il loro mondo. Sto cercando ancora di capire cosa sia “2001: Odissea nello spazio”.

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