Attività che ha permesso l’evoluzione dell’uomo fino ad oggi: da sempre la caccia occupa un ruolo fondamentale nella cultura popolare. Purtroppo nel 2021, nel bel mezzo d’una crisi ambientale, ci sono ancora paesi come Norvegia, Canada e Giappone che finanziano l’uccisione, a meri scopi speculativi o dilettantistici, di specie necessarie all’ecosistema.
Ma si può dire che la caccia sia inutile? Che differenza c’è tra la caccia di sussistenza e commerciale?
La caccia di sussistenza
“Nelle popolazioni indigene l’economia di sussistenza produce quanto basta per vivere, nelle società dei Bianchi non ci si accontenta di produrre ciò di cui si ha bisogno, si produce sempre di più per accumulare beni. Nella società dei Bianchi il tempo libero è commercializzato: per divertirsi bisogna pagare altre persone[..]”
Le parole di Dionito de Souza, Coordinatore Generale del Consiglio Indigeno di Roraima, ci spiegano brevemente e chiaramente la situazione. Le popolazioni indigene vivono di caccia laddove la parola d’ordine è rispetto.
La loro sopravvivenza ed il loro sostentamento risiede proprio in quest’attività, dove ogni uccisione ha un significato ed un peso. Troviamo un equilibrio perfetto in cui l’uomo, sapendo di dipendere dall’animale, si assicura di non creare danni a livello ecologico. Un esempio sono le popolazioni del circolo polare artico, gli Inuit; essi vivono di caccia alla foca senza creare alcun tipo di squilibri o provocare l’estinzione della specie. Infatti, ciò che loro cacciano per sopravvivere equivale solo al 3%, mentre il restante 97% è a scopo commerciale.
Quindi in questo caso, le foche non rappresentano una mera fonte di denaro per la vendita delle pelli, anzi, vengono utilizzate come fonti di cibo, olio per lampade, finestre di igloo e molto altro. Possiamo definirla come una caccia del necessario, regolamentata e approvata dai Consigli Internazionali.
La caccia commerciale
“Gli uomini sono gli unici cacciatori che uccidono quando non hanno fame”
Steven Spielberg
Un’attività raccapricciante della quale tante persone usufruiscono; orrori che si consumano su animali la cui unica colpa è quella di poter essere utilizzati in diversi settori: questa è la caccia commerciale. La differenza sostanziale le due attività è evidente: una serve per sopravvivere, l’altra ha un semplice scopo speculativo.
Regolamentata tramite apposite leggi, è un settore che solo in Italia frutta un reddito di all’incirca 7.293.222.339 euro. Quindi perché dovremmo farne a meno? In fondo anche la moda finanzia queste barbarie, o almeno determinati stilisti, di alto spessore per giunta, che ancora utilizzano pellicce o pelli animali per completare i propri capi; parliamo di pelliccia di visone, di coccodrillo, di volpe e serpenti.
Tutti noi conosciamo la caccia alle foche o alle balene. Tutti noi abbiamo visto quelle pellicce bianche macchiate di un rosso sanguigno, quelle acque cristalline diventare bagni di morte. Eppure, ancora oggi, paesi come il Giappone, la Norvegia ed il Canada danno il via libera a questi massacri. Ma non c’è da preoccuparsi, questi paesi in verità hanno a cuore queste specie: per questo ne fanno uccidere al massimo qualche migliaio.
Il Bracconaggio
‘’Solo chi non sa che anche la propria vittima è una creatura come lui può uccidere senza colpa’’.
Konrad Lorenz
Nei posti in cui questo tipo di caccia è resa illegale, si parla di bracconaggio. Purtroppo non ci sono dati sicuri riguardo gli animali vittime di queste attività.
Parliamo di leoni, elefanti, rinoceronti e molti altri grandi mammiferi che vengono cacciati per il loro valore nel mercato nero. Ambiti solo per il corno, le zanne o la pelliccia, sono lasciati morire agonizzanti. Cuccioli e adulti che vengono catturati e poi rivenduti a zoo, circhi e falsi santuari che ogni anno attirano milioni di turisti ,con la scusa d’essere atti alla conservazione della specie.
In Thailandia o in Africa, numerosi sono quei finti santuari che, offrendo al visitatore ‘’il bagnetto con il leoncino’’ o ‘’una passeggiata con il baby elefante’’, speculano e investono i soldi guadagnati in bracconieri -i quali continueranno a portare altri cuccioli-.
Ma non finisce qui. Famosi sono -soprattutto in Africa- gli allevamenti di grandi felini destinati alla morte: parliamo, ad esempio, della famosa ‘’Canned Hunting’’. Qui i leoni adulti vengono liberati in aree apposite che pullulano di cacciatori pronti a sparare. Chi uccide il leone si può portare a casa la sua testa come trofeo, ovviamente con tanto di foto celebrando orgogliosi di aver ucciso il ”Re della Savana”. Si citano Africa e Thailandia, ma anche in Italia purtroppo esistono questi falsi siti dove l’interazione uomo-animale selvatico è incoraggiata e fotografata, spesso anche da influencer di un certo ‘’spessore’’.
Il ruolo del cacciatore
E’ arrivato il momento di sfatare dei falsi miti che, da troppo tempo, circondano il tema della caccia di selezione (riguardante specie regolarmente cacciabili).
I cacciatori sono veramente necessari per mantenere l’equilibrio delle popolazioni animali?
La risposta è assolutamente no; o meglio, non dovrebbero essere loro a ricoprire questo ruolo.
Esistono delle vere e proprie piramidi preda-predatore, e sono proprio queste relazioni che mantengono stabile il numero delle popolazioni. Purtroppo l’uomo, appropriandosi di sempre più territorio, ha diminuito lo spazio a disposizione dei predatori (come il Lupo in Italia) i quali avvicinandosi alle città vengono catturati o uccisi. Riducendo sempre di più il numero di predatori, aumenta il numero delle loro prede (tra cui anche i cinghiali) ed è qui che il cacciatore è chiamato ad intervenire.
Quindi ad oggi, per cacciatore intendiamo colui che tende ad equilibrare e proteggere prettamente la presenza degli ungulati. E che inoltre, seguendo le direttive delle singole regioni, cerca di mantenere il controllo del territorio tramite abbattimenti basati sul numero di animali che dovrebbero popolare un determinato areale.
Riassumendo, l’uomo non ha ancora capito di essere l’artefice di quasi ogni male, colui che causa il problema e che trova la soluzione causandone un altro. L’errore è il nostro modo di considerarci, e sempre noi dobbiamo essere la soluzione. Come?
Ricordandoci che non siamo all’apice di nessuna piramide: siamo tutti rami di un enorme albero, interdipendenti tra loro perché condividiamo le stesse radici.