Mancano ormai pochi giorni alla presentazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano (PNRR). Entro il 30 aprile infatti tutti gli Stati membri dovranno presentare i Recovery Plan alla Commissione e al Consiglio Europeo, che avranno fino a tre mesi di tempo per valutarli ed approvarli.
In questo articolo vedremo cos’è effettivamente il Recovery Plan e a che punto è l’Italia nella sua elaborazione.
Cos’è il Recovery Plan?
Il Recovery Plan è un programma relativo ad investimenti, piani e riforme che il governo intende realizzare per rilanciare il Paese. Il contenuto di questo documento è determinante per ottenere le risorse del Next Generation EU.
Per far ripartire l’Europa dopo la pandemia da Covid-19, infatti, lo scorso luglio l’UE ha approvato il Next generation EU, noto in Italia come Recovery Fund o “Fondo per la ripresa”. Si tratta di un fondo speciale volto a sostenere la ripresa economica del vecchio continente. Il programma sarà finanziato attraverso l’emissione di titoli europei (Recovery bond) che serviranno a sostenere progetti di riforma previsti dai Piani nazionali di ogni Paese: i Recovery Plan appunto. Lo stanziamento complessivo è di 750 miliardi di euro, da dividere tra i diversi Stati membri.
I Recovery Plan dovranno essere presentati alla commissione UE entro il 30 aprile 2021. Successivamente, in base alla validità dei progetti presentati, l’Unione conferirà le varie tranche di aiuti.

Il Recovery Plan italiano
In Italia il Recovery Plan è stato denominato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il valore di questo programma ammonta a circa 221 miliardi di euro, di cui 191 miliardi provenienti dall’UE, mentre i restanti 30 miliardi finanziati attraverso il deficit.
Nel nostro Paese sono state definite prima le linee guida del PNRR ed in seguito gli interventi nell’ambito delle sei missioni.
- Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo e della Pubblica Amministrazione, cultura;
- Rivoluzione verde e transizione ecologica;
- Infrastrutture, per la mobilità e le telecomunicazioni, con la realizzazione di una Rete nazionale in fibra ottica, lo sviluppo delle reti 5G e l’Alta Velocità;
- Istruzione, formazione, ricerca e cultura;
- Equità sociale, di genere e territoriale, con focus sulle politiche attive del lavoro e per il Sud;
- Salute.
Entro domani, venerdì 23 aprile, la bozza definitiva dovrebbe arrivare al Consiglio dei ministri ed essere approvata. Il 26 e il 27 aprile il presidente del Consiglio Mario Draghi riferirà in Parlamento.

La precedente versione risale a gennaio 2021, quando il testo formulato da Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri, con gli altri ministri dell’esecutivo, era stato inviato – in modo ufficioso – a Bruxelles. Il documento era apparso da subito bisognoso di ulteriori interventi, soprattutto in termini di chiarezza e dettagli.
Rispetto al testo dell’esecutivo precedente, quello del Governo Draghi dovrebbe avere maggiori indicazioni su investimenti e risorse di ogni missione.
In particolare:
- tempistiche sul raggiungimento degli obiettivi più dettagliate;
- finanziamenti e costi più precisi per ogni progetto;
- quantità precise di beneficiari delle riforme;
- valutazione delle differenze tra risorse per investimenti e quelle per spese correnti.
Le tappe successive
Come già detto ad inizio articolo, la Commissione UE avrà a disposizione otto settimane per valutare i Piani di ciascun Paese. Una volta acquisita l’approvazione, il Consiglio Europeo avrà altre quattro settimane per la definizione finale.
I tempi sono stretti, ma da Palazzo Chigi assicurano che la tabella di marcia sarà rispettata. Un chiarimento che è giunto dopo alcune indiscrezioni, rilanciate dall’agenzia Reuters, che avevano ipotizzato il rischio di uno slittamento della presentazione del piano. «La qualità del piano conta di più della tempistica. Se il piano è di maggiore qualità sarà più facile e più veloce approvarlo», ha dichiarato il portavoce della Commissione Ue, Eric Mamer a una domanda sulla scadenza del 30 aprile, invitando a non «sovrastimare l’importanza» della tempistica.
Se tutto dovesse andare secondo i piani le risorse europee saranno disponibili alla fine dell’estate attraverso un prefinanziamento del 13% che per l’Italia avrebbe un valore fino a 27 miliardi.
Le successive erogazioni arriveranno ogni semestre fino al 2026. Di volta in volta, la performance di utilizzo verrà esaminata in base agli obiettivi intermedi, con il rischio costante di bloccarsi a causa di progetti falliti. Se non dovessero esserci progressi per 18 mesi consecutivi, la Commissione potrebbe valutare la sospensione del programma e la cessazione dei pagamenti.

Soprattutto nei confronti dell’Italia, un Paese cronicamente afflitto dalla scarsa capacità nell’utilizzo dei fondi comunitari, c’è preoccupazione a causa della quantità di risorse a disposizione senza precedenti. Per i governi italiani utilizzare fino in fondo questi 191 miliardi di euro è una sfida da non fallire. Stavolta non si tratta “solo” di sprecare denaro con opere incompiute o di non attingere alle risorse comunitarie, stavolta si rischia di distruggere le ultime speranze di rilancio e modernizzazione del nostro Paese.