Il sogno americano della libertà di sparare senza salvarti

Il sogno americano della libertà di sparare senza salvarti

Se un bambino di notte prendesse la pistola del padre dal cassetto e sparasse alla madre, chi incolperesti? Il bambino o il padre?

Il dibattito sul possesso di armi in America è sempre stato un tema caldo: in questi giorni la fiamma ha ripreso a bruciare ardentemente. Già a gennaio di quest’anno il discorso era stato riportato all’attenzione pubblica dopo la tentata fuga della NRA, potentissima lobby delle armi americana, in Texas, per evitare una causa legale. Ma gli affari burocratici oltreoceano, come risaputo, smuovono poco le coscienze della società. Servono fatti. Si necessita di eventi tragici, il più delle volte, per riportare alla mente della gente la più antica domanda dell’umanità: “Cos’è giusto? Cos’è sbagliato?”

Fucile d’assalto: 10 vittime

Ieri, 23 febbraio 2021: un giovane entra in un supermercato del Colorado e apre il fuoco uccidendo 10 persone. Il giovane in questione è Ahmad Al Aliwi Alissa, di 21 anni. Sono le 14:30 quando entra nel King Snoopers di Table Mesa Drive, una zona residenziale al sud della città, imbracciando un fucile d’assalto: “Non ha detto una parola, è entrato e ha sparato”. Molto probabilmente alla cieca, scarica il fucile sulla gente alla cassa e in giro per gli scaffali. Molti testimoni raccontano di essersi nascosti nel retrobottega, aiutando gli anziani ad uscire, per poi rifugiarsi in un vicino parcheggio: da qui nasce il video di un ragazzo che documenta in live la sparatoria e l’arrivo della polizia che circonda l’edificio. Eric Talley era uno di questi, poliziotto ammirato e considerato da tutti un “eroe”. E come nei film più realistici, il cattivo uccide l’eroe. Talley infatti sarà una delle 10 vittime totali della sparatoria. E mentre la polizia invia tweets nei quali avverte la popolazione locale di stare alla larga dal quel supermercato, il giovane apre il fuoco anche contro gli agenti e lo Swat Team.

Il finale viene ripreso da vari telefoni: si vede un ragazzo ammanettato, a torso nudo, con la gamba destra sanguinante. I media ci tranquillizzano subito: il giovane ha origini siriane, ma “vive in America da quando ha tre anni”, così da evitare ipotesi di terrorismo.
Ma ancor più interessante è ciò che ha detto l’ormai non-troppo-nuovo Presidente americano Biden: “Non si può aspettare nemmeno un minuto in più per proibire l’uso delle armi, dobbiamo avere finalmente una legge. La questione non deve essere oggetto di una parte, ma è una questione americana: salverà vite statunitensi”. Sembra infatti che la portavoce della Casa Bianca, Psaki, abbia raccontato di un Biden che sta considerando una serie di ordini esecutivi contro la violenza delle armi, in aggiunta alle proposte di legge già esistenti e impolverate al Congresso. Psaki tuttavia, al contrario di quanto detto da Biden stesso, ammonisce i cronisti di non aspettarsi azioni “nel giro di 24 ore”.

Pistola: 8 vittime

La sera del 27 marzo Robert Aaron Long di 21 anni, bianco, ha aperto il fuoco in tre centri massaggi della zona metropolitana di Atlanta, ferendo una persona e uccidendone 8: 6 donne erano di origine asiatica. È subito interessante guardare il profilo del giovane: molto religioso, con la passione delle armi, la pizza, la caccia e la musica. Si è subito pensato ad un movente di matrice razzista. Nell’ultimo anno negli USA si è registrato un aumento esponenziale di hate crimes verso gli americani di origine asiatica; concetto direttamente menzionato da Biden nel suo discorso per commemorare l’anniversario della pandemia. Complice, se non estremo fautore, è stato Trump con la sua retorica sul virus cinese; e gli americani, già di loro, sono inclini a determinati comportamenti verso gli stranieri. Difatti, da marzo 2020 a febbraio 2021 si registrano 3.800 episodi razzisti ai danni di persone di origine asiatica, 1000 in più rispetto all’anno precedente.

Ritornando a Robert Long e alle 8 persone che ha ucciso, egli esclude qualsiasi coinvolgimento razzista. Si dice “disturbato” con problemi di natura sessuale. Ammette di essere un frequentatore assiduo dei saloni e che forse ha sviluppato “una forma di risentimento verso le persone innocenti”. Inoltre si racconta che sia stato ricoverato in un centro di riabilitazione per cure legate al sesso, diventato una vera ossessione; al punto di venir cacciato di casa dai genitori.

Ma, sorvolando momentaneamente dalle ipotesi del movente, il New York Post tira fuori una notizia molto interessante. Sembra che Long il giorno stesso della sparatoria abbia acquistato una pistola al Big Woods Goods in Cherokee County, e che lo abbia fatto senza problemi e ritardi. Del resto lo Stato della Georgia non richiede un periodo di attesa per la vendita di armi da fuoco, il che significa che una persona può acquistarne una immediatamente da un venditore di armi federalmente legalizzato se passa un controllo di background, che dura di solito un paio di minuti. Forse interpretano ogni acquisto come una necessità di difesa; anche se non si è mai visto qualcuno avere fretta nell’acquistare un’arma per difesa. Altri Stati, a differenza della Georgia, necessitano di un tempo prestabilito prima di concludere con la vendita: 72 ore l’Illinois, 10 giorni California e DC. Anche se, più di qualsiasi numero, per capire basterebbe la frase pronunciata pochi giorni fa dal democratico Matthew Wilson: “In Georgia è più facile acquistare un’arma che votare”.

“Cos’è giusto?”

Prima di continuare, è bene sottolineare che si parla di “sparatoria di massa” quando rimangono ferite o uccise più di quattro persone, escluso l’attentatore.
Ebbene, da inizio anno sono passati 76 giorni e negli Stati Uniti sono avvenute 98 sparatorie di massa: 1,3 al giorno.
Ebbene, nello scorso anno sono avvenute 611 sparatorie di massa, con 513 morti e 2.543 feriti: quando si dice che nel 2020 l’America ha “bruciato”.
Vero è che per bruciare servono delle fiamme: e cosa succede se un paese ti regala ogni giorno accendini?

Il diritto di possedere armi in America è sancito dal 2° emendamento della Costituzione, ed è un concetto molto sentito dalla popolazione americana. Sempre nel 2020 il 42% di quest’ultima ha dichiarato di avere almeno una pistola all’interno della propria abitazione. Il Texas, suolo più conservatore, reazionario, razzista e fanatico religioso d’America, è primo nella lista con 830.109 registrazioni d’armi da fuoco.
Come scritto all’inizio, quando avvengono tragedie come quella del Colorado di ieri o di Atlanta, il dibattito in merito si riaccende. Ma prima di tutto bisogna capire una cosa: “Cos’è giusto?”. È giusto che un ragazzo ieri abbia strappato 8 vite al mondo, forse solo perché era stato messo in grado di farlo? Per caso è giusto che chiunque si svegli la mattina con l’idea di acquistare un fucile d’assalto lo possa fare senza alcun tipo di problema? È forse giusto che un cittadino senta il bisogno impellente di acquistare una pistola e nasconderla sotto al cuscino la notte perché “non si sa mai”?

“Cos’è sbagliato?”

Se un bambino di notte prendesse la pistola del padre dal cassetto e sparasse alla madre, chi incolperesti? Il bambino o il padre?
Nessuno dei due. Il vero colpevole è quell’omogeneo ammasso di leggi che si fa chiamare Stato che vende la pistola al padre, che la fa trovare al figlio, che ammazza la madre. E’ una questione di responsabilità, ma non di chi compra l’arma da fuoco; sarebbe troppo facile. La responsabilità è di chi vende quell’arma da fuoco.
Sappiamo tutti quanto per l’America il commercio e il traffico di armi interno e esterno sia una questione vitale. E c’è sicuramente una questione economica e lucrativa dietro quel benedetto 2° emendamento che metà popolazione americana reputa un “salvavita”, e l’altra metà un dono di Dio.
Ci sono carte e proposte di legge ammuffite sulle grandi scrivanie del Congresso che tentano invano di esser ascoltate e cambiare questa situazione ormai non più sostenibile. Biden ha detto di volerlo fare, ma senza fretta forse, non ha di certo una pistola puntata alla tempia lui.

E se lo Stato è il colpevole, sappiamo altresì chi è il mandante. Viviamo in un mondo all’insegna della violenza, dove ogni giorno vediamo, ascoltiamo, percepiamo bruttezze e tragedie. Camminiamo su strade ricoperte di scarpe diverse, che si odiano l’una con l’altra. Accendiamo ogni mattina il nostro telefono, e osserviamo accecati un continuo ricordo alla violenza e al predominio di qualcosa su qualcosa, o di qualcuno su qualcuno. La nostra è una società che ha fatto dell’aggressività, della brutalità, della veemenza e della prepotenza il collante per tenerci uniti e continuamente bisognosi di un qualcosa che ci protegga, ci aiuti, ci ami.
Perché un’America senza armi farebbe sentire l’intera popolazione nuda; spoglia del suo libero arbitrio e diritto ad illudersi di provare a salvarsi da sola, la notte, quando in casa entrano i ladri.
Oppure il diritto di entrare in un supermercato e cercare di sparare la propria libertà nella vita altrui.

Non è l’America, ma il mondo intero a bruciare: e a noi le fiamme eccitano da morire.

Pubblicato da Andrea Scoscina

Mi sono ritrovato caporedattore di Zeta mentre scrivevo poesie e mi appassionavo di filosofia. Volevamo cambiare la nostra generazione, così abbiamo iniziato a pensare. Volevamo cambiare il mondo, così abbiamo iniziato a scrivere.

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