Non puntiamo i riflettori (solo) su Stéphanie Frappart

Non puntiamo i riflettori (solo) su Stéphanie Frappart

Sono sempre più numerosi i casi di partite calcistiche con donne nella terna degli arbitri, oltre che negli assistenti guardalinee o in sala VAR, con il medesimo fenomeno che si presenta anche e soprattutto in altri sport, come la pallacanestro o il football americano. Lo step successivo è dar ciò per scontato.

Bastava un pugno

Joaan bin Hamad bin Khalifa Al-Thani è uno sceicco qatariota, uno di quelli che contano per davvero. È il quinto figlio del precedente Emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa al-Thani, e fratello di colui che attualmente siede sul metaforico – ma neanche troppo – trono del Paese, Tamim bin Hamad al-Thani. Seppur con le dovute proporzioni, anche Joaan bin Hamad ricopre un ruolo importante: è a capo del Comitato Olimpico del Qatar, il che fa emergere una passione sportiva che trascende la carica istituzionale. O perlomeno, mi piace vederla così.

Se avete assistito alla finale del Mondiale per Club tra Bayern Monaco e Tigres, con i bavaresi che hanno conquistato il sesto ed ultimo trofeo stagionale, avete in mente la figura di cui sopra. No, né il tecnico tedesco Flick né tantomeno il suo collega ed avversario Ferretti l’hanno ingaggiato e schierato nell’undici titolare delle rispettive compagini. Al-Thani, vista la location in cui si è svolta la manifestazione – lo stadio dell’Education City, bel paradosso, a Doha -, ha premiato Lewandowski e Gignac tra gli altri, oltre ovviamente ad arbitri ed assistenti della terna.

Tra questi ultimi, è da sottolineare la presenza delle due brasiliane Edina Alves Batista e Neuza Back. Sono dell’idea che meno si evidenzia una casistica simile, più sarà facile assistere settimanalmente alla presenza di una o più figure femminili a dirigere un incontro calcistico. In questo caso specifico, però, non si può lasciar perdere: come evidenziato da Il Post, lo sceicco ha salutato come da prassi uno degli arbitri maschili, ignorando però del tutto Alves Batista e Back.

Un episodio che ha fatto rumore, sì, ma non penso che ci sia stata l’eco necessaria da una parte all’altra del globo calcistico. Non si tratta di un semplice incidente di percorso, né di qualcosa che si possa giustificare con una determinata attenuante socio-politica legata alle latitudini dove il patatrac è occorso. Questo perché, nella finestra temporale fuori dall’ordinario che va dal 21 novembre al 18 dicembre 2022, entro i confini qatarioti si svolgeranno i Mondiali. Niente club, bensì 32 Nazionali a rappresentare altrettanti Paesi ed un numero indefinito di popoli, tradizioni ed usanze. Siamo sicuri di passare oltre ad un fatto simile? Apparentemente sì, perché è già calato il silenzio.

Arbitri donne? Verso la normalità

Ricordo che nel dicembre scorso, in occasione della designazione ufficiale per la sfida di Champions League tra Juventus e Dinamo Kiev, per diversi giorni si è (giustamente) parlato di Stéphanie Frappart, primo fischietto femminile nella storia della più celebre competizione calcistica continentale maschile. Una gara arbitrata egregiamente. Il 3 dicembre, a circa 24 ore dalla sfida tra i bianconeri di Andrea Pirlo e gli ucraini, un altro milestone: nella gara di Europa League tra Gent e Liberec, era presente la prima terna arbitrale tutta al femminile in una partita UEFA, composta dalle ucraine Kateryna Monzul, Maryna Striletska e Oleksandra Ardasheva.

La lista, fortunatamente, non si ferma qui. Tutto corretto, come sottolineato dal capo-designatore UEFA Roberto Rosetti:

Le designazioni vengono fatte per merito e queste donne meritano grandi elogi per il duro lavoro e la dedizione che le hanno portate a questo livello. La presenza di direttrici di gara nelle competizioni maschili non deve più sorprendere. Negli ultimi anni, la UEFA ha lavorato molto per far crescere allo stesso modo gli arbitri europei di entrambi i sessi. Quello che vediamo oggi è la prova che il nostro approccio funziona.

Fermo restando che le entità in esame non sono le stesse – FIFA da una parte, UEFA dall’altra -, il concetto rimane il medesimo: perché sottolineare caldamente una designazione che ci si auspica possa divenire sempre più consuetudinaria, ma voltare le spalle di fronte ad un avvenimento da condannare? Al di là della spiccia retorica sulla convenienza economica che ha spinto la Federazione Internazionale delle Confederazioni Calcistiche a scegliere il Qatar come sede dei Mondiali 2022, penso che i media avrebbero dovuto dar più risonanza al mancato saluto dello sceicco Al-Thani.

Immaginate Sarah Thomas, primo arbitro femminile nella storia del Super Bowl, vedersi negata una stretta di mano – o un pugno, che dir si voglia, in tempi di pandemia – dal sindaco di Tampa, città della Florida dove i Buccaneers di Tom Brady, padroni di casa, hanno trionfato il 7 febbraio scorso. Oppure pensate a Natalie Sago e Jenna Schroeder, prime due donne ad essere presenti tra gli arbitri nella stessa gara NBA, ignorate dalle autorità di Orlando, dove si è giocata la partita tra Magic e Charlotte Hornets del 25 gennaio scorso. Il tutto davanti alla presenza, magari, di Roger Goodell e Adam Silver, rispettivamente commissioner di NFL ed NBA, come avvenuto con Gianni Infantino, presidente della FIFA, nel fattaccio di Doha.

Nel prossimo futuro, sarà necessario e fondante osservare la presenza di donne nelle assegnazioni ordinarie dei vari arbitri, nel calcio e non solo. A partire dalla storica sfida del primo turno preliminare di Coppa UEFA tra AIK e Fylkir datata 14 agosto 2003, con la presenza di Nicole Petignat, prima donna a dirigere una partita maschile UEFA, i progressi sono stati indubbiamente notevoli. Continuiamo ad abbattere le barriere ma talvolta, come avvenuto in Qatar ad inizio febbraio, qualche ingranaggio si inceppa: per far sì che il meccanismo continui a funzionare, bisogna intervenire. Il silenzio, seppur in piena montagna, con le valli pronte a diffonderne l’eco, non è mai sufficientemente rumoroso.

arbitri donne
Sarah Thomas, primo arbitro femminile nella storia del Super Bowl (Fonte immagine: Twitter @NFL)

Pubblicato da Cesare Milanti

Classe 2000, nasce, cresce e corre con la voglia di scrivere. Il calcio ed il basket le sue passioni, la voglia di raccontarli la sua predilezione. È l'autore de "Il pipistrello sulla retina".

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